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Anno 2000: una Babilonia di informazioni

10 ANNI A TANZI, IL CAPRONE ESPIATORIO DI COLLECCHIO – È POSSIBILE CHE UN UOMO SOLO, PER QUANTO SCALTRO, ABBIA POTUTO CREARE UN BUCO DA 14 MILIARDI €? – ASSOLTE TUTTE LE BANCHE – PER GLI OBBLIGAZIONISTI TRUFFATI, ADDIO RISARCIMENTO…

Il gruppo Parmalat ancor prima che un’azienda lattiera è stato – tra la metà degli anni ’90 e il 2003, fino al momento della bancarotta -una delle principali fabbriche internazionali di titoli tossici. Nella requisitoria al processo per aggiotaggio, conclusosi con la condanna di Calisto Tanzi a dieci anni di reclusione e il proscioglimento di tutti gli altri imputati, il pubblico ministero Francesco Greco aveva fatto l’elenco delle operazioni-spazzatura che le più grandi banche d’investimento del mondo avevano cucito addosso come una camicia di forza alla Parmalat di Calisto Tanzi: cartolarizzazioni, credit default swap, convertibles notes, veicoli speciali, lease back finanziari e chi più ne ha più ne metta.

 

Ne era emerso un quadro devastante: negli ultimi anni prima del default il gruppo di Collecchio aveva concluso in media un’operazione di debito al mese di importo pari o superiore ai 100 milioni di euro con costi per commissioni e interessi molto gravosi che il commissario straordinario Enrico Bondi, nella relazione sulle cause dell’insolvenza, aveva quantificato, appena dopo il dissesto, in oltre 5 miliardi di euro. Ma tutto questo non è bastato a dimostrare l’aggiotaggio e ora manda a casa assolti, chi con formula piena chi per prescrizione del reato, i dirigenti italiani di Bank of America (BofA), l’istituto maggiormente chiamato in causa nel crack, insieme a Citigroup.

 

 

Francesco Greco

Da questo punto vista, al di là della condanna esemplare ma prevista di Tanzi, l’esito del processo è per l’accusa e per i risparmiatori una doccia fredda. Lo è per la Procura, che dopo la depenalizzazione del falso in bilancio aveva scelto di imperniare l’impianto accusatorio sul reato di aggiotaggio. Per di più essa ha visto cadere in prescrizione, a causa della Cirielli, l’evento che a suo giudizio avrebbe potuto inchiodare i dirigenti di Bank of America: l’aumento di capitale di Parmalat Brasil del 1999. Maè una sconfitta anche per le migliaia di obbligazionisti truffati.

 

In mancanza di un responsabile civile, non hanno più su chi rivalersi. Ed è una sconfitta anche per la nuova Parmalat, le cui quotazioni erano cresciute nell’attesa dei grandi risarcimenti che sarebbero potuti venire dai processi e in particolare dai processi contro le banche. Ora questa sentenza rischia di rimettere in forse ciò che fino a qualche mese fa poteva darsi per scontato.

 

Soprattutto rischia di rimettere in forse l’esito dei processi che sono da poco cominciati a Parma, l’altro fronte “caldo”, in cui siedono sul banco degli imputati, accusati di bancarotta fraudolenta o concorso in bancarotta, lo stesso Tanzi e gli stessi ammini-stratori, revisiori, manager bancari, banchieri che il Tribunale di Milano ha prosciolto o che col Tribunale di Milano hanno deciso di patteggiare.

 

Il confronto giudiziario si sposta adesso a Parma. Si preannuncia durissimo per la Procura del capoluogo emiliano, che ha fatto di tutto per evitare la grande ammucchiata, il maxiprocesso chiesto dalla difesa di Tanzi, che avrebbe dilatato oltre modo i tempi processuali e portato i reati in prossimità della prescrizione. Si vedrà nel 2009, quando i dibattimenti in corso a Parma entreranno nel vivo, se la scelta dell’accusa di spezzettare in vari rivoli l’inchiesta per bancarotta sarà quella vincente.

 

 

Enrico Bondi

Se da un lato ai Pm di Parma non rimaneva altra scelta data la vastità e la complessità delle indagini, dall’altro è indubbio che un processo spezzatino decontestualizza i reati, annacqua certe posizioni processuali, soprattutto quelle dei banchieri, e rischia di ridurre la più grande bancarotta industriale d’Europa e forse del mondo in un imbroglio da ragionieri di provincia.

 

Ma il crack Parmalat non è niente di tutto questo: è una vicenda che chiama in causa, accanto a primarie banche europee e italiane, le più grandi investment bank del mondo, quegli stessi colossi del credito che in questi mesi sono stati abbattuti dalla più grave crisi finanziaria dell’era moderna.

 

 

Ora, è possibile che un uomo solo, per quanto scaltro, abile, svelto, spregiudicato, abbia potuto creare un buco da quasi 14 miliardi di euro? Perché è questo il punto dolente della sentenza di Milano. L’idea che emerge dopo la lettura del verdetto è che del dissesto della Parmalat vi sia un unico responsabile: Calisto Tanzi. E che tutte le altre siano state figure di contorno, personaggi minori. Ma non è così.

 

Semmai è vero il contrario: Tanzi e suoi sodali, come il burbero direttore finanziario della Parmalat, Fausto Tonna, da un certo punto in avanti agirono come marionette, come ombre sullo sfondo, manovrate da banche ingorde che dai “servizi” prestati alla Parmalat hanno ricavato commissioni, interessi ed altro per miliardi e miliardi di euro.

 

La favola che le banche abbiano agito inconsapevolmente, che anzi siano rimaste truffate da Tanzi, non regge nemmeno dinanzi a una sentenza che manda prosciolti tutti a casa. Mai nessuna banca si accorse che Parmalat Spa aveva crediti pari a diverse volte il suo giro d’affari, che nel bilancio consolidato figuravano almeno un centinaio di società domiciliate nei più oscuri centri finanziari offshore, che una società che dichiarava in bilancio oltre 4 miliardi di euro di liquidità continuava a sfornare obbligazioni e a pagare interessi salatissimi.

 

Senza le coperture, la poderosa rete di connivenze ad altissmo livello che Tanzi aveva creato intorno a sé e intorno al gruppo già prima della quotazione in Borsa del 1990, l’azienda non avrebbe mai potuto sopravvivere fino al 27 dicembre 2003, quando ne fu ufficialmente dichiarata l’insolvenza. Non si passa indenni per Tangentoli se non si gode delle protezioni giuste. Eppure, tra il 1992 e il 1994, quando l’inchiesta ” mani pulite” era entrata nel vivo, il cavalier Tanzi aveva continuato a godere di grande reputazione.

 

 

Fausto Tonna

Il giudice Domenico Truppa, che ha condotto l’udienzapreliminare del troncone principale del processo per bancarotta a Parma, ha stabilito che il dissesto del gruppo Tanzi è risultato visibile a partire dal 1993, ossia in piena era di Tangentopoli. Come mai, allora, i nomi della Parmalat e di Tanzi non vennero mai fuori in quegli anni? Non è facile rispondere a questa domanda. È però un fatto che alle spalle di Tanzi agivano forze potenti.

 

Dov’era la Procura di Parma nel 1997 quando un onesto tecnico della città, Mario Valla, aveva accertato, con una perizia commissionata dal medesimo ufficio giudiziario, che il gruppo Tanzi era talmente indebitato da rischiare il dissesto e che senza il sostegno delle banche sarebbe crollato? Dov’era la Guardia di Finanza di Bologna? Perché nel corso dei suoi accertamenti non scoprì mai la “fabbrica dei falsi” che Tanzi e Tonna avevano impiantato a Collecchio? Come mai l’allora capo delle Fiamme Gialle, Nicolò Pollari, incontrava spesso Sergio Piccini, l’ex sindacalista della Cisl cui Tanzi aveva affidato la responsabilità delle relazioni istituzionali e che dal suo ufficio di Roma teneva i contatti e elargiva denaro a partiti e uomini politici?

 

Che ci facevano in Parmalat, inseriti in posizioni dirigenziali, ex graduati della Guardia di Finanza e personaggi come Romano Bernardoni, successore di Piccini, a sua volta in buoni rapporti con l’entourage di Pollari? Come mai a casa di Tanzi si svolse almeno una riunione preparatoria della riforma concordataria a cui parteciparono l’allora segretario del Psi, Bettino Craxi, e l’allora segretario di Stato Vaticano, Agostino Casaroli, gli stessi che avrebbero sottoscritto il 18 ottobre 1984 il nuovo accordo tra Chiesa e Stato?

 

È vero che nelle ore successive al dissesto un camion che trasportava oggetti di valore partì dalla villa del Cavaliere diretto a Roma, Oltretevere? Domande senza risposta. Che, a maggior ragione dopo la sentenza di ieri, fanno della Parmalat uno dei casi più oscuri della storia economica di questo Paese.

dicembre 20, 2008 Posted by | Uncategorized | Lascia un commento